Per gentile concessione di "nerviosa" dal blog http://freaksunamela.blogspot.com/
“Sempre caro” “Sangue dal cielo” “L’altro mondo”
Gli odori, i colori di una natura aspra, dominata dalla maestosità dura delle rocce granitiche del Genargentu, che il vento con lavoro paziente riesce comunque a piegare in forme da interpretare. Ostinatamente vi si attacca il bosco e la macchia mediterranea. Il Supramonte e i suoi uomini pericolosi, con codici propri che non riconoscono autorità e regole portate da lontano. I muretti a secco che disegnano come un reticolato le campagne, consegnandole alla proprietà privata imposta con editti laddove era tutta terra comune per il pascolo e la sopravvivenza. Questo lo scenario su cui si muove il personaggio che Fois non ha creato, ma preso a prestito dalla storia sarda: l’avvocato Sebastiano Satta, nato a Nuoro nel 1867 e morto nel 1914. S’abbocau per tutti, il poeta soprattutto per se stesso.“È durante questi tragitti che scrivo. Scrivo come dico io. spianando il cervello come un foglio immacolato su cui pensieri e immagini si tramutano in segni e misure. Una voce, che mi accompagna sempre, me li legge: è severa, non si lascia abbindolare da soluzioni comuni. Mi ripete quanto ho scritto e mi fa il verso, nel senso che mi prende in giro, quando non trovo le parole, quando un odore, un sapore, una pianta, un cielo mattutino, non si tramutano in musica di immagini. Qualcuno potrebbe dire che si tratta della mia voce interiore. Io dico solo che c’è e che forse si tratta dell’unica persona che non mi ha abbandonato mai. La maledizione dei poeti, che non smettono mai di scrivere. E l’ultima cosa di cui hanno bisogno è di un foglio e di una penna…”L’identità di Bustianu, già imposta dalla storia, obbliga Fois a rispettarne le esigenze, le contraddizioni ed i sentimenti senza poterli piegare alla trama, che diventa piuttosto strumento del personaggio. Accanto alle storie dei protagonisti si muove la Storia. Le leggi speciali imposte per far fronte al banditismo condannano i sardi ad una massa informe di banditi, e sbattono in carcere donne e bambini. L’intento è quello di scovare i malviventi con il ricatto e la minaccia o di sperare in una qualche collaborazione, ma di fatto rappresenta un’offesa e un marchio che finirà col tacciare l’isola come zona di frontiera, come punizione per chi sgarrando si sentirà dire “Ti spedisco in Sardegna!”. Chi da Roma viene inviato ad amministrare la giustizia non riesce a comprendere “queste parti” utilizzando i propri canoni di civiltà come Cristoforo Colombo davanti agli indigeni americani, prendendo in prestito la metafora di Bustianu.“ Che tante se ne dicono e se ne sono dette della gente di queste parti: che colpiscono prima di farti aprire bocca; che siano muli irragionevoli; che siano bastardi dimenticati dal consesso dei pensanti; che abbiano pietre al posto del cervello. Ma io non ho mai dovuto imbracciare un’arma in vita mia e la maggior parte di quelli che conosco da queste parti sanno usare meglio la metafora che la carabina o la leppa. O la sanno usare allo stesso modo.”“ Le parole hanno costruito ogni singolo meccanismo della nostra società: noi con le nostre parole abbiamo costruito civiltà di pietra levigata e codici universali. Non a parole. La scrittura è arrivata dopo dalle stive delle navi fenice e romane. Ed era scandalosa. Unica e scandalosa.Poli queste cose non poteva saperle, da dove viene lui chi non sa scrivere è semplicemente un analfabeta. Da dove viene lui la scrittura ha un valore imperativo. Ed è garanzia di civiltà. Appunto.”L’affacciarsi di termini in sardo è sempre finalizzato alla storia ed utilizzato, soprattutto, nei dialoghi per rispecchiarne la verosimiglianza.Alla fine è difficile staccarsi dal mondo di Sebastiano, fatto di regole antiche e codici ereditati dalla tradizione che hanno costituito la base delle convivenze feroci e violente tra gli abitanti, dal suo sguardo malinconico che ci spinge a guardare questa terra come attraverso un leggero strato di lacrime. Talvolta di nostalgia, altre di rabbia ed orgoglio. Fois descrive tutto come se fossero miniature preziose e pare di sentire davvero il vento scandire il tempo della nostra terra e dei suoi uomini.
“Sempre caro” “Sangue dal cielo” “L’altro mondo”
Gli odori, i colori di una natura aspra, dominata dalla maestosità dura delle rocce granitiche del Genargentu, che il vento con lavoro paziente riesce comunque a piegare in forme da interpretare. Ostinatamente vi si attacca il bosco e la macchia mediterranea. Il Supramonte e i suoi uomini pericolosi, con codici propri che non riconoscono autorità e regole portate da lontano. I muretti a secco che disegnano come un reticolato le campagne, consegnandole alla proprietà privata imposta con editti laddove era tutta terra comune per il pascolo e la sopravvivenza. Questo lo scenario su cui si muove il personaggio che Fois non ha creato, ma preso a prestito dalla storia sarda: l’avvocato Sebastiano Satta, nato a Nuoro nel 1867 e morto nel 1914. S’abbocau per tutti, il poeta soprattutto per se stesso.“È durante questi tragitti che scrivo. Scrivo come dico io. spianando il cervello come un foglio immacolato su cui pensieri e immagini si tramutano in segni e misure. Una voce, che mi accompagna sempre, me li legge: è severa, non si lascia abbindolare da soluzioni comuni. Mi ripete quanto ho scritto e mi fa il verso, nel senso che mi prende in giro, quando non trovo le parole, quando un odore, un sapore, una pianta, un cielo mattutino, non si tramutano in musica di immagini. Qualcuno potrebbe dire che si tratta della mia voce interiore. Io dico solo che c’è e che forse si tratta dell’unica persona che non mi ha abbandonato mai. La maledizione dei poeti, che non smettono mai di scrivere. E l’ultima cosa di cui hanno bisogno è di un foglio e di una penna…”L’identità di Bustianu, già imposta dalla storia, obbliga Fois a rispettarne le esigenze, le contraddizioni ed i sentimenti senza poterli piegare alla trama, che diventa piuttosto strumento del personaggio. Accanto alle storie dei protagonisti si muove la Storia. Le leggi speciali imposte per far fronte al banditismo condannano i sardi ad una massa informe di banditi, e sbattono in carcere donne e bambini. L’intento è quello di scovare i malviventi con il ricatto e la minaccia o di sperare in una qualche collaborazione, ma di fatto rappresenta un’offesa e un marchio che finirà col tacciare l’isola come zona di frontiera, come punizione per chi sgarrando si sentirà dire “Ti spedisco in Sardegna!”. Chi da Roma viene inviato ad amministrare la giustizia non riesce a comprendere “queste parti” utilizzando i propri canoni di civiltà come Cristoforo Colombo davanti agli indigeni americani, prendendo in prestito la metafora di Bustianu.“ Che tante se ne dicono e se ne sono dette della gente di queste parti: che colpiscono prima di farti aprire bocca; che siano muli irragionevoli; che siano bastardi dimenticati dal consesso dei pensanti; che abbiano pietre al posto del cervello. Ma io non ho mai dovuto imbracciare un’arma in vita mia e la maggior parte di quelli che conosco da queste parti sanno usare meglio la metafora che la carabina o la leppa. O la sanno usare allo stesso modo.”“ Le parole hanno costruito ogni singolo meccanismo della nostra società: noi con le nostre parole abbiamo costruito civiltà di pietra levigata e codici universali. Non a parole. La scrittura è arrivata dopo dalle stive delle navi fenice e romane. Ed era scandalosa. Unica e scandalosa.Poli queste cose non poteva saperle, da dove viene lui chi non sa scrivere è semplicemente un analfabeta. Da dove viene lui la scrittura ha un valore imperativo. Ed è garanzia di civiltà. Appunto.”L’affacciarsi di termini in sardo è sempre finalizzato alla storia ed utilizzato, soprattutto, nei dialoghi per rispecchiarne la verosimiglianza.Alla fine è difficile staccarsi dal mondo di Sebastiano, fatto di regole antiche e codici ereditati dalla tradizione che hanno costituito la base delle convivenze feroci e violente tra gli abitanti, dal suo sguardo malinconico che ci spinge a guardare questa terra come attraverso un leggero strato di lacrime. Talvolta di nostalgia, altre di rabbia ed orgoglio. Fois descrive tutto come se fossero miniature preziose e pare di sentire davvero il vento scandire il tempo della nostra terra e dei suoi uomini.
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